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Il pensiero del concepimento immacolato di Maria mi ha sempre entusiasmato, rapito. È forse il pensiero teologico, che più d tutti permetta la comprensione della dinamica psicoterapeutica. Ne è l’elevazione alla estrema potenza, in certo senso ne è la fondazione e l’apertura di possibilità, la piena affermazione di speranza.

Mi spiego.

La psicoterapia trova la propria ragione d’essere nella possibilità di ripercorrere, grazie al lavoro terapeutico, i sentieri delle proprie più antiche ferite, giungendo anche là dove il ricordo non può giungere1, perché il danno è stato subito in età o in condizioni nelle quali la memoria non è attiva o attivabile. La terapia, guidandola, permette la regressione a quelle età o a quelle condizioni, quando la ferita dell’anima (questo è il significato della parola greca “psiche”) si è aperta e il danno è stato subito.

La relazione terapeutica tra il terapeuta e il paziente può così toccare la sofferenza, abbracciarla, contenerla, guarirla, riattivando il fluire vitale del Sé.

Guidata dal terapeuta e con-tenuta all’interno della relazione terapeutica, la regressione alla ferita e al danno è allora positiva: ristora, ripara, restaura, riattiva, riaccende il perdersi profondo dell’anima, a differenza della regressione patologica che travolge, intrappola, avviluppa in un abbraccio doloroso e a volte mortale.

Anche per il concepimento immacolato di Maria – mi piace immaginare l’analogia – avviene qualcosa del genere. Guidata dall’amore creante del Padre e con-tenuta all’interno della relazione d’amore tra Creatore e creatura Maria può risalire alla radice stessa del proprio esserci, fino ad essere il proprio concepimento, fino a viverlo in modo talmente pieno, da poterne parlare in prima persona (“Io”), al presente indicativo (“sono”): “Io sono il concepimento immacolato”, dirà di sé a Bernadette nella grotta di Lourdes.

Essendo il proprio concepimento, Maria ri-prende e decide a pieno il proprio Sé di creatura, inserendolo di nuovo in quella relazione d’amore con il Creatore che Adamo ed Eva avevano interrotto.

L’Immacolata Concezione è dunque la festa di una regressione guidata, che permette al Sé di ri-prendere la pienezza del proprio fluire: A differenza della regressione terapeutica, quella di Maria è un regressione salvifica e ri-creante. La relazione con la terapia può guarire il Sé, rimettendolo nella pienezza del suo fluire; la relazione con il Creatore può – se l’affidarsi è totale come quello di Maria – salvare il Sé, rimettendolo nell’atto d’amore della Creazione.

Parlando di regressione, non si può poi dimenticare quell’altra straordinaria regressione operata da Gesù, figlio di Maria, quando, dopo la morte, ripercorre all’indietro i sentieri della storia umana, risalendo all’inizio stesso dell’esserci dell’uomo, là dove Dio lo creò in relazione d’amore. In Gesù la natura umana, guidata e con-tenuta dalla natura divina, può così risalire alla radice stessa del proprio esserci, fino a potere essere il proprio concepimento di creatura privilegiata, fino a poterlo essere e vivere in modo talmente pieno e nuovo da andare altre le possibilità stesse di Adamo ed Eva, al punto che, ora, l’uomo, può – proprio grazie alla doppia natura di Gesù e grazie a Maria che di Gesù è la madre e la creatura (“figlia del tuo figlio”) – godere anche del privilegio divino di partecipare alla vita trinitaria, in tale modo in-diandosi nella relazioni trinitarie.

Riattingendo, grazie alla salvifica regressione di Gesù (quella che solitamente chiamiamo “discesa agli inferi”), la pienezza della propria identità storica, l’umanità ri-prende e decide a pieno la propria identità più vera, quella di creatura, chiamata dal Creatore a decidere e attuare la Creazione intera, partecipando – nella Trinità – al dirsi e all’amarsi di Dio.

La festa della Immacolata Cocnezione sa, dunque, e può trasformare in festa il Sabato Santo, dicendone come della regressione salvifica totale, nella quale l’intero della storia e delle vicende umane riattinge la propria origine e respira la gioia del proprio destino.

P.S. Riguardo al tema qui trattato è utile leggere anche quanto ho scritto ne La tenerezza dell’eros al capitoletto 1.3.3.

1 O – come direbbe Dante – là dove “la memoria non può ire”.

2 Comments

  1. ” La paura anonima ed espropriante delle notti” , penso che appartenga ad ogni essere umano e che sia l’esperienza comune che mi fa rileggere ogni tanto il libro di Giobbe.
    Tuttavia, carissima Paola, il sole sorge ancora e ogni nuovo giorno è sempre l’8 Dicenbre che, per me, da significato alla vita e al progetto originario di Dio.
    Mi sono sempre arrovellato per capire il “SI” di Maria, avvenuto all’età di circa 16 anni, quando, in piena libertà, avrebbe anche potuto esprimere un “NO”. Ella, da persona libera, mi chiedevo come poteva essere “Immacolata” fin dal suo concepimento.
    Il ragionamento di Gigi Cortesi ha svelato il “mistero”: ” Io sono l’Immacolata Concezione”, come dire ” Io sono il mio concepimento”.
    Un esempio preciso mi si è presentato raccogliendo una esperienza recente di un amico, dalla personalità piuttosto concreta e a volte anche ruvida. Egli mi raccontava una sua ” Estasi mistica” di visione trinitaria, a suo dire per nulla somigliante a un sogno, ma che aveva le caratteristiche della realtà. Questa “apparizione” era avvenuta al termite di un amplesso amoroso.
    Ragionando su quanto accaduto, ho immaginato che la visione trinitaria dell’amico ( alla maniera di quella raffigurata da Rublev) fosse una sorta di ritorno al suo concepimento.
    Se posso fare un indebito paragone: è come se un osservatore munito di telescopio vedesse l’immagine di una luce vecchia di 13 miliardi di anni, prossima alla nascita dell’universo, al suo “concepimento” nel Big Bang.

  2. 8 dicembre 2010: un bel giorno per dire “ben tornato” a questo blog e “ben ritrovati” a tutti i suoi lettori e “grazie” a chi interviene con i commenti.

    Ho riletto il capitolo 1.3.3 “Io sono il concepimento” (come suggerito dal post): so che “l’alba nuova” c’è, ne sono sicura, anche se io non l’ho mai vista. Qualche volta ne intuisco la presenza nella vita di alcune coppie che conosco e allora guardo il loro “essere il mondo” e mi chiedo che strade hanno percorso per arrivare lì.

    E’ bello quel capitolo ed è anche difficile, almeno per me.
    E mi sembra sottile il confine tra “lo smarrimento di chi vaga nel buio e nella paura anonima ed espropriante delle notti” e l’invidia, la rabbia, l’odio.
    I sentimenti negativi mi sbattono in faccia un’immagine di me che non riesco a tollerare e hanno l’effetto di un buco nero, mi risucchiano nel buio annullando ogni cosa.

    Ma l’otto dicembre è un bel giorno e regala anche una bella pagina di Vangelo: in qualche modo apre un varco nel buco nero…


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